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Babele siamo noi 4x08 - I tatuaggi

  • Immagine del redattore: Mattia Lisa
    Mattia Lisa
  • 20 gen 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 1 feb 2023

Forma artistica o simbolo di scarsa affidabilità, i tatuaggi hanno una lunga storia, che ha influenzato anche il cinema e la letteratura.


Di: Gabriele Lazzari

C'è chi li considera una forma di espressione artistica al pari di pittura e scultura e chi invece li reputa sinonimo di criminalità e disagio. I tatuaggi suscitano sempre grandi dibattiti e a volte anche pregiudizi. Pochi, però, si soffermano a studiarne l'origine e l'influenza che hanno avuto nella cultura di massa. Tra romanzi, film e canzoni, i tatuaggi hanno da sempre occupato un posto di rilievo all'interno della narrazione popolare. Ma qual è la loro origine?


Il termine tatuaggio deriva dal francese tatouage, a sua volta derivato dal termine anglosassone tattoo, adattamento del samoano tatau. Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio figurano l'Egitto ma anche l'antica Roma. In Europa però i tatuaggi restano una forma espressiva poco comune.


In occidente il tatuaggio fu infatti reintrodotto successivamente alle esplorazioni oceaniche. Dalla fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta in poi la cultura del tatuaggio ha conosciuto una progressiva diffusione, prima nella controcultura underground e poi in quella hippy. Ma è tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila che il tatuaggio ha avuto una diffusione sempre più vasta.


I tatuaggi nella letteratura

Per molti secoli la body art è stata in gran parte associata a coloro che vivevano ai margini della società: artisti circensi, criminali e indigeni. Anche nella letteratura, quindi, i tatuaggi rappresentano inizialmente la modificazione corporea come segno di colpa o punizione.


I tre moschettieri

Il romanzo di Alexandre Dumas segue le vicende dei tre moschettieri Athos, Porthos, Aramis e del giovane D'Artagnan. Quest'ultimo giunge nella Parigi del 1600 in cerca di fortuna. Impetuoso e generoso, si lascia coinvolgere nei duelli fra le due guardie del potentissimo ministro Richelieu e i moschettieri, al fianco dei quali si schiera stringendo una salda amicizia.


Ai quattro quindi è affidata una delicata missione in Inghilterra, dove dovranno recuperare i dodici puntali di diamanti. La missione viene felicemente compiuta nonostante le imboscate ordite da Richelieu e uno dei personaggi secondari: Milady de Winter, una dolce e seducente ma spietata spia. Sulla sua spalla sinistra è presente il “Giglio di Francia". Esso era un tatuaggio marchiato a fuoco sui criminali durante la monarchia francese come simbolo di disonore.


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i tatuaggi nella cinematografia

Tra i film più famosi sui tatuaggi figura sicuramente Memento (2000) di Christopher Nolan. In seguito a un attacco subito da due uomini con il volto coperto, che avevano stuprato e ucciso la moglie, il protagonista Leonard Shelby è affetto da un disturbo della memoria. Non è quindi in grado di immagazzinare nuove informazioni per più di un paio minuti.


Per cercare di sopperire a questa mancanza, Leonard scrive e prende appunti il più possibile su post-it, foto e perfino sulla propria pelle. Sceglie, addirittra, di auto-tatuarsi informazioni che ritiene essenziali. Il suo corpo è infatti ricoperto da numerosi tatuaggi che gli forniscono indicazioni su cosa è successo nel suo recente passato e cosa dovrà ricordarsi di fare.



Una storia forse meno fantasiosa ma basata su eventi reali è invece quella narrata in L’uomo che vendette la sua pelle (2020) di Kaouther Ben Hania. La trama è ispirata all'opera d'arte moderna Tim (2006) dell'artista belga Wim Delvoye, che ha anche un cameo nel film.


In cambio dei soldi e dei documenti necessari a immigrare legalmente in Belgio, il protagonista siriano Sam accetta la proposta di un controverso artista: farsi tatuare un Visto Schengen sulla schiena e venire esposto nei più grandi musei del mondo come opera d'arte vivente.




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