Babele Tunes 2x01 - Il Metz
- Mattia Lisa
- 21 gen 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Nei Babele Tunes chiacchieriamo insieme a cantanti emergenti della scena musicale milanese. Oggi vi presentiamo Il Metz, il cantautore senza genere che scrive "canzoni per non crescere".

Credits: Instagram
DI: ASYA BRUNO
Tutti conosciamo a memoria le canzoni della nostra playlist, i nostri amici sono esausti di ascoltarci cantare sempre lo stesso ritornello. La riproduzione casuale è una bugia che raccontiamo ogni giorno a noi stessi: salteremo ogni brano fino a quando non verrà fuori sempre lo stesso, e alzeremo al massimo il volume degli auricolari. Però, d’altro canto, tutti nuotiamo in un vortice di emozioni e la musica ha in sè il merito di placare i nostri mari in tempesta. I pezzi che ascoltiamo, di qualsiasi genere e di qualsiasi epoca, ci raccontano, ci smuovono, ci accarezzano ci delucidano, perchè spiegare a parole quello che proviamo è spesso difficile. La voce degli altri, a volte, sa farlo meglio e al nostro posto. Allora, scoprire musica nuova è la via della nostra salvezza.
Noi di Babele, però, non vi lasciamo mica combattere da soli quest’ardua impresa: noi vi racconteremo della vita, della carriera e della musica di cantanti emergenti, e a voi toccherà ascoltarli e affidare alle loro canzoni i vostri ricordi, le vostre paure e i vostri sogni. Chi lo sa, magari vi sembrerà che stiano parlando proprio di voi.
ASCOLTA L'INTERVISTA:
In occasione della prima puntata di Babele Tunes, abbiamo intervistato per voi Il Metz.
Il Metz è un cantautore, polistrumentista e producer di Milano. Questo, però, non è abbastanza per descrivere il suo legame con la musica. Da piccolo studia pianoforte. A casa, il papà suona la chitarra e la mamma ascolta Dalla e Battisti. E lui ancora ricorda la cassetta di “7 e 40”. Il suo percorso cantautoriale, però, comincia lontano da casa, a Genova, e comincia con una band, con cui si esibisce in giro per l’Italia, con cui viaggia in un auto in cui far stare tutti gli strumenti e la voglia di suonare, cantare, di musica e di vita.
Nella sua figura l’universo della musica appare immenso com’è, traspare l’infinità dei mondi che lo compongono. Quando torna a Milano comincia a lavorare come producer; oggi lavora come fonico, come insegnante, come musicista. Perchè se il silenzio non esiste e ogni cosa ha un suo rumore, allora la musica può essere tastata, sperimentata e scandagliata percorrendo strade diverse. Strade che hanno tutte la stessa meta.
Ascoltandolo parlare di sè, è come se la sua vita fosse suddivisa in blocchi, ognuno dedicato, nei ricordi, ad una canzone, a dei suoni, ad un festival, ad una band, e poi, tutti insieme, si fondessero in una storia che lascia spazio solo e semplicemente alla musica, il filo conduttore di un’eterogeneità di atmosfere e melodie affascinante. Il suo ultimo progetto nasce dal bisogno di aprire un cassetto, in cui, durante la quarantena, aveva accumulato testi su testi, che reclamavano di uscire alla scoperto.
La sua scrittura è compulsiva. Il suo cellulare è un foglio bianco su scrive di getto, quando suggestioni, impressioni e sensazioni lo colgono di sorpresa: non resta altro che catturare quei momenti e imprimerli, poi, in una canzone. La vena creativa di un artista pulsa inaspettatamente e i bagliori di un istante si consumano poco dopo. Saperli riconoscere e catturarli è il segreto di ogni arte.
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Gli echi dell’indie italiano si mescolano ai sound della black music, della musica elettronica. Il primo vinile che ha comprato è stato Head Hunters di Herbie Hancock. Scopre il funk e balla la break dance. Ci racconta dei festival di musica elettronica della Spagna e poi, delle esibizioni dal vivo a Milano. In un Italia un po’ assopita, che firma una legge anti rave, allora non ci resta che accontentarci del clima intimo, romantico, forse un po’ melenso e sdolcinato (come piace a me) di quei non pochi - per fortuna - locali che puntano i riflettori sui talenti in cerca di visibilità. Però, forse, dovremmo saper fare anche un po’ di “casino”. Il Metz ha suonato all’Arci Bellezza, all’Est, e il prossimo 8 Marzo si esibirà al “Mosso Milano”.
ASCOLTA: "CANZONI PER NON CRESCERE"
Il suo ultimo singolo si intitola “Canzoni per non crescere” ed è il singolo che anticipa l’album. È cresciuto assieme alla musica, è cresciuto tramite lei. La musica ha scalfito le sue esperienze di vita e le sue memorie. Si è messo alla prova, la sua passione ha preso fuoco nella smania della sperimentazione e non ci rinuncerebbe mai.
“Canzoni per non crescere” è un brano morbido, tenero e dolce, su cui imprime l’asprezza del desiderio. “Scriverò canzoni per non piangere, per ridere di gusto a questa festa. Ho scritto una canzone per non crescere, per fermare ogni momento prima che svanisca”. È un brano dedicato all’urgenza di fare musica, di scrivere, suonare, cantare. Perché non crescere non è un gioco da ragazzi come sembra, eppure, nel mezzo di una canzone, tutti ci ritroviamo giovani e impacciati. Tutti, nel mezzo della nostra vita, ci ritroviamo disordinati e incasinati. Allora non resta che rincorrere quei fugaci istanti di libertà, quei sogni malinconici: “sarà questione di un attimo”.
Si dedica animosamente alla musica, che è la sua forza, ed è l’impeto della musica che intensifica le sue energie. Ci cita Jeff Buckley, per cui il livello più alto della musica è l’espressione di un sentimento che arrivi alla persona che ascolta esattamente come è stato pensato. La fortuna della musica sta nel fiume di emozioni di cui ciascun cantautore è la sorgente e di cui tutti gli ascoltatori sono la corrente. Impetuoso e travolgente.
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