"Bones and All" - Il nuovo film di Guadagnino è un viaggio inusuale realizzato egregiamente
- Mattia Lisa
- 29 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Una trama che ridotta, per l’appunto, all’osso potrebbe essere sintetizzata come un road-movie che racconta la storia d’amore tra due giovani cannibali, ma che in realtà, dietro questa prima e immediata vetrina cela molto di più.

Di: Ester Belladelli
Il 23 novembre è arrivato nelle sale di tutto il mondo il nuovo, atteso film di Luca Guadagnino. Già regista di “Chiamami col tuo nome” nel 2017, Guadagnino ha firmato anche “Suspiria”, remake del cult horror di Dario Argento, nel 2018. Inoltre, "Chiamami col tuo nome" gli è valso anche il premio Oscar alla miglior sceneggiatura non originale sempre nel 2018.
Questo film rientra a sua volta nel genere horror, per alcune scene forti ed esplicite, ma c’è anche una notevole componente di altri generi quali il “coming-of-age”, quello drammatico e quello romantico.
Siamo nell’America degli anni ‘80, costante sfondo alle vicende principali, attraverso notiziari in tv e in radio. La nuova opera del regista palermitano segue la storia di Maren, una diciottenne che vive in Virginia con il padre, ma che nasconde un segreto: ha pulsioni cannibali. Taylor Russell (Premio Mastroianni a Venezia quest’anno) interpreta in maniera superba i turbamenti, la frustrazione e l’incertezza di questa giovane. Il personaggio è infatti alla ricerca del suo posto nel mondo, che sembra non avere posto per lei.
Abbandonata dal padre, la ragazza parte alla ricerca della madre, mai conosciuta, che potrebbe essere la chiave per aiutarla a comprendere più a fondo i suoi impulsi, per sentirsi meno sola.
Nel suo viaggio conoscerà altre persone come lei, tra cui Lee.
Guadagnino torna qui a collaborare con l’attore che lui stesso aveva contribuito a lanciare a Hollywood, proprio con il suo “Chiamami col tuo nome”: Timothée Chalamet. Lee, a differenza di Elio, ruolo interpretato dall’attore nel film del 2017, è un ragazzo dall’atteggiamento sfrontato, che cela però a sua volta una profonda solitudine.
Da quando i due giovani si incontrano, lo spettatore è risucchiato in questo rapporto, e percepisce il sollievo, ma anche la complessità che Maren e Lee trovano dopo essersi imbattuti in un loro simile. I due si sentono infatti meno soli, ma sono anche portati per la prima volta a fare davvero i conti con la loro identità, vedendosi riflessi l’uno nell’altra.
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Altra menzione necessaria è quella del personaggio interpretato magistralmente da Mark Rylance (Premio Oscar nel 2016 per “Il ponte delle spie”), Sully. Anche lui è un diverso, ma, in una sorta di antitesi ai giovani protagonisti, non ha mai trovato qualcuno che potesse capirlo.
Per questo, a causa di una vita trascorsa in solitudine, senza nessuno in cui riconoscersi, Sully è diventato un emarginato, capace di compiere gesti estremi che lo rendono il “villain” del film. Rylance, tuttavia, riesce nel difficile compito di conferire al personaggio, inquietante e pericoloso, un’umanità che a tratti fa quasi empatizzare, seppur per breve tempo, il pubblico con lui.
Anche la fotografia, a cura di Arseni Khachaturan, contribuisce notevolmente a riflettere l'atmosfera della storia, a volte cupa, altre piena di speranza, come nella scena della conversazione tra Maren e Lee sulla loro natura e la volontà di essere persone normali.
“You wanna be people? Let’s be people.”
Insomma "Bones and All", è un film in cui spiccano elementi come la regia, riconosciuta anche a Venezia dove è stata premiata con il Leone D’Argento, la fotografia e la recitazione. Inoltre, è anche costituito da una trama molto attuale. Il cannibalismo è infatti metafora della diversità in senso lato, quella che spinge le persone a essere o a sentirsi emarginate e a faticare ad essere accettate dalla società. Il film è inoltre un viaggio, reale e figurato, di due giovani adulti alla scoperta di loro stessi per trovare il loro posto nel mondo.
Non è decisamente un film adatto a tutti, ma per chi se la sente merita sicuramente una visione.
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