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Sanremo è politica

  • Immagine del redattore: Mattia Lisa
    Mattia Lisa
  • 13 feb 2023
  • Tempo di lettura: 11 min

A Sanremo non parla solo la musica. l'Italia è un paese problematico e, ogni anno, sanremo ne evidenzia le mancanze e gli errori.


Credits: Instagram

DI: ASYA BRUNO

Sanremo è definito come il festival della musica italiana, e lo è, nel bene e nel male. Direi più nel male che nel bene. È il riflesso dell’industria musicale del nostro Paese, di quelle culturali in generale, e della macchina sociale di un Italia col motore guasto. A Sanremo non “parla la musica”, o meglio, la musica parla di tante altre cose. A partire dalle classifiche, dai conduttori e dalle co-conduttrici - unicamente e marginalmente donne - fino ai testi e alle esibizioni, il trash di Gianni Morandi che chiama Lazza “bro” si confonde al cringe patetico e deludente dello sketch di Angelo Duro.


La top five di Sanremo 2023


Marco Mengoni è il vincitore di Sanremo 2023 ma questo avrei potuto scriverlo anche a Settembre. Piaccia o meno, poteva sicuramente andare peggio. Ultimo è il quarto classificato di quest’edizione e avrebbe potuto lasciare il posto a qualcun altro. Magari a qualcun altra.


Mengoni, al momento della premiazione, si è rammaricato della mancata presenza di artiste donne nella top five.È stato come inghiottire una caramella che lascia in bocca un retrogusto amaro.


È stato piacevole sentirgli dire “Volevo dedicare questo premio a tutte le donne che hanno partecipato, che sono delle cantanti meravigliose. Nella top five siamo arrivati in cinque ragazzi..”, perchè ha portato all’attenzione di chi guardava un fatto che di certo giornalisti e altri uomini lì presenti non hanno discusso. È stato penoso perché non c’era una donna a poter fare da portavoce di una categoria discriminata, anche nella musica. È stato spiacevole perché le parole di Mengoni sono state applaudite passivamente, senza cognizione di causa. Come se un cenno del capo, con espressione languida, potesse bastare. Si fa spallucce e non si indaga un problema radicato e complesso: il mondo della musica è un modo di uomini. Come il resto della terra, che a calpestarla bisogna farsi sanguinare i piedi. No, non la calpestiamo coi tacchi.


Poi, ridicolamente, si mette in mezzo la meritocrazia, per cui “probabilmente le donne in gara non erano abbastanza forti”, come ha detto Amadeus in conferenza stampa, difendendo l'obiettività del televoto. Quindi i brani delle artiste avevano lo svantaggio di essere musicalmente inferiori rispetto a quelle dei loro colleghi? Fa ridere ma fa anche riflettere. Ho letto tanti articoli sugli abiti di Elodie, tanti commenti sul suo corpo, ho sentito dire che Madame s’è fatta più carina, e che Levante era in un abito lingerie, ma non si è parlato dei loro testi, delle loro canzoni, delle loro esibizioni.


ASCOLTA: "IL BENE NEL MALE" - MADAME



Chiude la cinquina Tananai. Ultimo classificato della precedente edizione di Sanremo, ha saputo ben investire sulle sue sfortune. Torna sul palco dell’Ariston con un pezzo ben diverso da “Sesso occasionale”. “Tango” è struggente, ma non quanto la storia a cui è ispirato, e il suo videoclip. “Tango” è la colonna sonora di una storia d’amore spezzata dalla guerra. Olga e Maxime sono due ragazzi ucraini di 35 anni: lei si è rifugiata in Italia dopo l’invasione russa, lui combatte per il suo Paese. Il videoclip raccoglie immagini e video della loro storia d’amore e poi quelli che si scambiano reciprocamente da quando è stata messa a dura prova dalla distanza e dalla paura di perdersi. Dalle bombe e dalle armi. Allora, un led che riflettesse queste immagini durante le esibizioni di Tananai, forse, avrebbero raccontato meglio la verità della lettera-messaggio del Presidente ucraino letta da Amadeus.


Consoliamoci pure con Lazza al secondo posto: dalla sua “Cenere” rinasce anche il nostro mood, sfatto da cinque serate che non si sono mai concluse prima delle due di notte. Prodotta da Dardust, ha messo ben a fuoco il personaggio del rapper di periferia su un palco in cui il ricambio generazionale è vasto e rischioso. Al centro di un amore che si frantuma in pezzi, e di cui si raccolgono le ceneri, Lazza si è sempre esibito impeccabilmente, con la grinta più sincera. Anche - specialmente - insieme a Emma Marrone - e la violinista Laura Marzadori -, nella serata dei duetti, sulle note di “La fine” di Nesli.


VEDI: VIDEOCLIP "TANGO" - TANANAI


La serata dei duetti è la più attesa. Il medley degli Articolo 31 ha ripercorso nostalgicamente la loro storia e restituito la loro essenza, scalfita dai tormenti di J-Ax. Il successo di “Domani smetto” s’è rivelato commovente e trepidante a distanza di anni. Ma non quanto sentire J-Ax e Fedez gridare “Giorgia legalizzala”, finalmente non sulle note di una ripetitiva e solita “Vorrei ma non posto”.


Fedez si è confermato spiccatamente irriverente, specialmente in occasione della sua performance sul palco della Costa Smeralda. Si è esibito in un freestyle non concordato. Al termine della sua esibizione ha dichiarato di assumersi la responsabilità di quello che aveva detto e che il testo della canzone non era stato preannunciato allo staff Rai. Ha mostrato e poi prontamente strappato una foto dell’attuale viceministro Galeazzo Bignami vestito da nazista e ha riportato le parole della ministra Roccella che ha affermato che “si, l’aborto purtroppo è un diritto”. Dall’aborto alla mafia, fino al cancro che lo ha colpito, anche in ricordo di Gianluca Vialli. “Ciao Codacons guarda come mi diverto” ha detto in riferimento alle tante denunce ricevute dall’associazione che, sorprendentemente, si è schierata con l'artista.


L’energia e la grinta di Elodie, accompagnata da Big Mama, hanno scosso il palco dell’Ariston. Il carisma delle due ha acceso una fiamma rock che ha incendiato convenzionalismi e formalismi. Elodie, gli occhiali da sole e il rossetto nero, Big Mama in un lattice metà rosso fuoco, due voci audaci, in un inno all’emancipazione femminile - American Woman -, hanno segnato un rigore contro il body-shaming e la mercificazione del corpo femminile. Più di quanto abbia fatto qualsiasi tentativo riparatore e “tappabuchi” tanto cari agli ospiti del Festival, di qualsiasi edizione, e anche di questa.



Giorgia ed Elisa, entrambe immense artiste e voci italiane, hanno interpretato i rispettivi brani con cui hanno partecipato, nella stessa edizione (2001), al Festival di Sanremo. A solennizzare, insieme, il trionfo l’una dell’altra.


Grignani e Arisa “hanno fatto un casino”. Destinazione Paradiso è, personalmente, la sigla della mia infanzia, e l’esibizione di Grignani con Arisa ha celebrato la sua giovinezza, facendosi carico delle fragilità di una vita che ha incontrato il male di vivere. L’esplosione di un’emotività senza filtri è raro e prezioso nel contesto di un palco assai spettacolarizzato.


Su un palco montato e manovrato, la spettacolarizzazione si scontra anche con le questioni sociali più delicate, e qui l’asino casca facilmente. Di Rosa Chemical a Sanremo si è parlato anche in Parlamento. L'onorevole Morgante di Fratelli d’Italia, infatti, ha dichiarato inopportuna la sua presenza al Festival in ragion dell’agognata “propaganda gender fluid”. L’attenzione è rivolta ai minori, a proteggere i bambini. Qualcuno ha pensato, invece, a quelli che Mr.Rain ha trascinato fino a notte fonda sul palco dell’Ariston?


A me un personaggio come Rosa Chemical sul palco di Sanremo fa sempre piacere: è una personalità estrosa, stravagante. Però non possiamo affidare ad un bacio con Fedez le lotte di una comunità. Chemical inneggia alla libertà sessuale, dichiara di essere aperto a rapporti eterosessuali, omosessuali, transessuali, veste al di là del convenzionale binarismo di genere. A chi guarda da casa Sanremo, stupiscono e infastidiscono le unghie lunghe e smaltate, e se qualcosa infastidisce una cinquantenne bigotta, a me spunta un sorriso.


Però a che punto siamo se il sesso omosessuale viene accattivato dalla perversione? Ricadiamo nella spettacolarizzazione, nella feticizzazione delle persone appartenenti alla Comunità Lgbtqia+. Rosa Chemical non è una degna rappresentanza della comunità. Quest’anno, per la prima volta al Festival, una donna ha cantato l’amore al femminile, dedicandolo ad un’altra donna. Vale di più di un bacio non consensuale.


Chiara Ferragni


Però, lasciare il microfono alle donne ci pesa facilmente. In settantatré edizioni, solo quattro donne hanno presentato il Festival di Sanremo. Ad oggi possiamo esserne le co-conduttrici. Quest’anno lo sono state Chiara Ferragni, Francesca Fagnani, Paola Egonu e Chiara Francini. Tutte hanno recitato un monologo, come a dover giustificare la loro presenza su quel palco. Come se le loro vite e le rispettive carriere non fossero abbastanza.


Come qualsiasi altra cosa che la riguardi, il monologo di Chiara Ferragni è stato largamente criticato. In una lettera autoreferenziale, rivolta alla sè bambina, la Ferragni la rassicura sui suoi grandi sogni realizzati. Mette in luce le sue fragilità e le racconta degli ostacoli incontrati lungo la crescita e, inevitabilmente, lungo la sua realizzazione. Anche in quanto donna. La sua figura di donna - e di madre - rappresenta un oggetto di forte discriminazione. Inutile girarci intorno, è la verità: basta aprire la sezione dei commenti sotto i suoi post.


Uno degli abiti che ha indossato, infatti, riportava ricamate alcune delle critiche che le sono state rivolte sul suo aspetto, sul suo corpo e sulla sua libertà di sentirsi donna oltre che mamma. Considero i suoi abiti manifesto maggiormente comunicativi del monologo stesso. L’abito che simulava il suo corpo nudo, ad esempio, è l’abito senza vergogna, in ragion per cui disporre del proprio corpo senza doversi sentire giudicate o colpevoli sembra esserci precluso. La gabbia, invece, è l’abito con cui Chiara Ferragni ha posato assieme a sua figlia Vittoria, nella speranza di liberare le future generazioni dagli stereotipi di genere nei quali spesso le donne sono ingabbiate. Poi il monologo ha romanticizzato e annacquato un discorso importante. La Ferragni non avrebbe potuto che rivolgersi a sè stessa, ma le sue possibilità sono quelle di tutte le donne? Non c’è mai intersezionalità. Per alcune, e non poche, pensarsi libere non basta.


Chiara Francini


Chiara Ferragni è stata presente durante la prima e l’ultima serata del Festival, durante cui ha indossato un abito intitolato “La donna e madre guerriera”. Il blu della sottoveste in satin è il coloro associato alla sacralità della maternità, l’armatura oro scolpita sui seni rappresenta una forza che non ha bisogno di imitare quella maschile, contro lo stereotipo di essere considerate solo apparati riproduttivi.


L’attrice Chiara Francini, co-conduttrice della quarta serata del Festival, ha dipinto un affresco delicato e onesto sul tema della maternità. “Arriva un momento, nella vita, in cui tutti intorno a te iniziano a figliare”: ecco, e se tu non lo sei e non lo sarai? È come se le nostre ovaie fossero una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere, con un timer che si mangia i secondi, i minuti, poi gli anni, a partire dalla prima amica che scopre di essere incinta, a partire dalla laurea, dai trent’anni o dalla prima convivenza.


“E poi a un certo punto io mi sono accorta che il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver sbagliato, di aver aspettato troppo, di essere una fallita.” Il ticchettio della bomba si velocizza e si infittisce fin quando l’eco del senso di colpa non si trasforma in un vortice cupo e agitato.


Poi, la Francini immagina un figlio e l’atmosfera è straziante: la “lettera” a quel bambino mai nato racchiude, in un susseguirsi sincero e doloroso di parole, i timori, le ansie, le angosce di una madre. Perchè se sei madre non sei nient altro e a te è affidata la cura e la crescita di un essere umano, come se tu smettessi di esserlo.


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“E penso che mi renderai così felice, che poi non potrai mai rendermi davvero così felice, perché è così che funzionano le cose della vita: non sono mai come te le eri aspettate. “E io ti aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione. Ma come parlo…? Ma che madre sono? Non sono una madre, intanto… Da dove mi viene tutto questo? Quanto mi è costato diventare come sono? Quanto costerà a te? E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a tutta questa rabbia, a questo amore, io, ora, non so dove metterti. O, forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Perché avevo troppo da fare.”: in una società in cui non c’è posto neppure per noi stesse e in cui arrampicarsi sulle pareti della gerarchia sociale ci costa il quintuplo della fatica, occorre far posto per qualcun altro, perchè sennò non nasciamo mai neppure noi.


Allora, mi chiedo, quanto ci fa bene il satin in blu della madre guerriera della Ferragni? Quanto costa liberarsi dallo stigma di non dover essere nulla e nessuno, in nessun modo e quando vogliamo?


Francesca Fagnani


Francesca Fagnani ha dedicato il suo intervento alle voci del carcere minorile di Nisida. Ha portato sul palco dell’Ariston le parole di giovani carcerati riflettendo sul ruolo dello Stato nell’educazione e nel reinserimento nella società di chi merita sempre una seconda possibilità: “Lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità”.


Riflette sul ruolo della scuola nelle città in cui case, palazzi e quartieri non sono il posto giusto in cui crescere, e sul fatto che, poi, una volta entrati in carcere, si è puniti e non si esca migliori di come si è entrati. La Fagnani ha passato il microfono a chi il palco dell’Ariston l’ha visto qualche volta in televisione, e neppure ci pensa, adempiendo al più nobile compito di una giornalista degna di nota.


In una delle serate successive, il cast di “Mare Fuori” è stato ospite del Festival e l’attrice Carolina Crescentini ha ripreso il discorso della Fagnani per lanciare un messaggio di speranza, di cui la serie tv si fa promotrice. Sarebbe stato bello averli nella stessa serata!


Paola egonu


Infine, la pallavolista Paola Egonu, che è stata al centro di alcune polemiche già nei mesi precedenti al Festival di Sanremo, quando decise di lasciare la Nazionale in ragione di episodi razzisti di cui era stata vittima.


Durante il suo monologo a Sanremo ha detto “Amo l’Italia e vesto con orgoglio la maglia azzurra che è la più bella del mondo”: il pubblico ha applaudito di gusto senza pensarci due volte, perchè l’Italia è bella, è la patria del sole, del buon cibo e della gente sorridente. No, l’Italia è razzista. E se durante il monologo della Egonu, il pubblico ha applaudito quando la ragazza “straniera” (in Italia il razzismo dilaga a tal punto da non operare una distinzione intelligente tra “nera” e “straniera”) ha detto di amare il nostro Paese, allora, per l’ennesima volta, non abbiamo capito nulla. E ce lo hanno dimostrato i titoli degli articoli di giornale del giorno dopo.


I momenti iconici


Gli ascolti tv di quest’edizione hanno avuto pochi precedenti, con più di 12.000.000 di spettatori e il 66% di share. A rendere storica questa edizione hanno contribuito gli sviluppi social del Festival di Sanremo, la presenza degli ospiti internazionali, tra cui i Black Eyed Peas e i Depeche Mode, o ancora, la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la prima serata.


Inoltre, per la prima volta, sei giovani hanno preso parte alla gara tra i Big: Gianmaria, Shari, i Colla Zio, Sethu, Will e Olly. Sanremo, così, diventa un trampolino di lancio per chi ha qualcosa di nuovo da dire - si spera - e non resta una mera rassegna di talenti già noti. Certo, assistere all’esibizione di 28 cantanti in gara - e non 22 - non ha di certo tolto spazio a gag noiose, monotone e soporifere. Ho fatto un incubo stanotte: Chiara Ferragni apriva un profilo Instagram ad Amadeus.


Allo stesso tempo, il palco dell’Ariston svende sempre sè stesso con del sano trash. Il meme di Gianni Morandi con la scopa sul palco dell’Ariston è già diventato un santino. Le esibizioni di Paola e Chiara, gli outfit de I Cugini di Campagna, il microfono distrutto da Salmo, il collegamento con Fiorello e Lillo e i capelli della Oxa ci hanno fatto ridere quando, dopo mezzanotte, eravamo tutti un po’ esauriti come Blanco. Ora, finalmente, potremo svecchiare i trend di Tiktok su Bugo. Ed è trionfato l’amore con il vero bacio di quest’edizione, quello dei Coma Cose, che ci hanno riscaldato il cuore con il loro brano: “L’addio”.. non è un possibilità, e infatti si sposano!


Sanremo è un mito unificante. Ci si stringe attorno alla bandiera come durante una partita della Nazionale. Il mio invito è a farlo consci del Paese di cui siamo parte. Il nostro Paese non è una rosa senza spine ma possiamo cantarci su.



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